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Psicologia dell’autoritratto

Quando si parla di autoritratto in psicologia, l’interesse è rivolto soprattutto alle intenzioni che hanno portato l’artista a riprodurre se stesso.

Ci si chiede cosa abbia spinto l’autore e intraprendere un lavoro così difficile e quali sia la funzione dell’autoritratto per chi lo produce.

L’autoritratto si configura spesso come una modalità privilegiata di introspezione e di autoanalisi: mi auto ritraggo  per scavare al mio interno, per guardarmi dentro, per capire chi sono. Rispecchiando, quindi, l’animo dell’autore, il suo carattere e la sua personalità, l’autoritratto assume il valore di un documento psicologico privilegiato.

Il significato generale dell’autoritratto nella vita di un uomo, esprime il bisogno di mettersi al sicuro dalla morte, lasciare un’impronta del nostro passaggio nella vita, avere una prova concreta del fatto che “io esisto”.

Mentre tra le sue funzioni troviamo:  bloccare la nostra immagine riflessa nello specchio, oggettivare l’immagine per dimostrare di esistere, per dare consistenza al proprio corpo, per potersi osservare e testimoniare innanzitutto è se stessi di esserci e di avere un volto; esprimere attraverso la rappresentazione del corpo e del volto la propria psiche, un certo stato d’animo o un sentimento. Tra le intenzioni dell’autoritratto c’è anche la necessità di ricostruire o riparare la nostra identità e analizzare il processo che ha portato alla costruzione dell’immagine che noi abbiamo di noi stessi ( qui trovi un articolo che lo spiega).

Le funzioni dell’autoritratto tra pittura e fotografia

Vediamo insieme, analizzando alcune opere pittoriche e fotografiche, quali sono le funzioni dell’autoritratto in psicologia.

L’autoritratto mascherato

Giudizio Universale di Giotto
Giotto, Giudizio Universale, 1306

E’ la modalità di auto rappresentazione più diffusa nel basso medioevo e nel Rinascimento. Il pittore recita la parte di un personaggio presente in una storia. Nella maggior parte dei casi l’autoritratto è identificabile per via di alcuni indizi come: lo sguardo rivolto allo spettatore, è isolato in un posto privilegiato, presenta una fisionomia ben caratterizzata. L’artista non ama ritrarsi e si nasconde nella propria opera, ma essere presente rappresenta  un modo per firmare il proprio lavoro e testimoniare la presenza negli avvenimenti descritti. Un esempio è Giotto che nella sua opera Giudizio Universale, 1306, inserisce se stesso come quarta persona in primo piano nella schiera dei beati, con un berretto bianco in capo.

L’autoritratto nelle vesti di altri

Autoritratto in psicologia
Caravaggio, Davide con la testa di Golia, 1609-1610

Rappresentarsi nei panni di altri può implicare un processo di identificazione con il personaggio scelto e avere quindi una certa rilevanza psicologica. In questo dipinto Caravaggio si è autoritratto nella testa mozzata di Golia: il dipinto sarebbe stato fatto per il cardinale Scipione Borghese che stava cercando di ottenere la grazia per Caravaggio, accusato di omicidio e condannato alla decapitazione.

Nella lama della spada sono incise le lettere H AS O S, che significherebbero HumilitAS Occidit Superbiam (“l’umiltà uccide la superbia”), una citazione latina di sant’Agostino.  Con questa frase Caravaggio avrebbe indicato se stesso che si umilia per ottenere la grazia. Possiamo parlare anche di doppio autoritratto dello stesso Caravaggio nei due protagonisti: da una parte Davide rappresenta il giovane pittore Caravaggio, ritratto idealmente al massimo delle forze e fiero, il quale uccide invece Golia, ritratto del pittore vecchio e decrepito, costretto alla fuga a causa dei crimini che ha commesso nella sua vita.

L’autoritratto come travestimento

Psicologia dell'autoritratto
Urs Luthi, Self Portraits, 1969-1980

In generale troviamo spesso negli artisti il desiderio di travestirsi che si riallaccia a un bisogno profondo di sperimentare tutto e di essere tutto, il bisogno di vivere una “pluralità di vite come diceva Freud.

Nella fotografia contemporanea troviamo Urs Luthi con i suoi self portraits 1969-1980 che realizza una serie di autoritratti nell’estenuante tentativo di immortalare i tanti aspetti di un’identità in via di definizione.  Egli sceglie proprio il corpo nella sua ricerca e tenta di dimostrare come ambito primario della sua ricerca. Questo artista vuole mostrare e dimostrare come quante identità possono essere contenute in un singolo individuo rivelando, immagine per immagine, i molteplici lati oscuri nascosti ma svelati attraverso la fotografia.

L’autoritratto mentale

Autoritratto mentaleCi sono molti autori che vogliono esprimere un’emozione o un sentimento attraverso l’autoritratto. Volendo rappresentare uno stato d’animo, spesso viene perso il criterio fisiognomico. Vi porto l’esempio di Yang Shaobin (1999-2000) che vuole rappresentare la sua anima, vuole dare un volto al suo mondo interno, al suo stato mentale (angoscia, urlo, ferocia e sopraffazione). Ci troviamo di fronte a un autoritratto come espressione della psichicità dell’autore.

L’Autoritratto e identificazione proiettiva

Autoritratto proiettivo
Van Gogh, Campo di grano con corvi, 1890

L’autoritratto in psicologia può essere utilizzato anche per esprimere il bisogno dell’uomo di rappresentare il suo mondo interno, il suo modo di soffrire e vivere le emozioni, il suo rapporto con l’idea di morte.

In questi casi non viene riprodotta fedelmente la propria immagine, ma oggetti, situazioni o alte persone, sulle quali vengono proiettati i propri stati emotivi. E’ il caso di Van Gogh e le sue opere.

Nel momento in cui l’artista si identifica in una stanza vuota, in un cielo stellato, in un volo di corvi o in un campo di grano, egli rappresenta se stesso, proiettando il suo stato emotivo.

L’Autoritratto in psicologia come modalità riparativa

Autoritratto in psicologia

In questo caso l’autoritratto viene utilizzato come strumento per rielaborare un trauma, per tenere unite le nostre identità senza maschere, per ricostruire un’immagine frammentata di noi stessi, per ritrovare la relazione con la propria madre. Ecco che l’atto di autoritrarsi assume la funzione di riparazione del nostro mondo interno.

Un esempio è Arno Rafael Minkkinen che utilizza la fotografia per riparare una difficoltà nella relazione con la sua immagine interna, cela il suo volto ed esibisce il bello nel suo corpo, creando delle fotografie esteticamente perfette in cui il suo corpo si fonde perfettamente con la natura.

L’autoritratto con funzione Terapeutica

Jo spance cancro

La fotografia è un potente mezzo attraverso il quale è possibile elaborare emotivamente un disagio, o una problematica. Il primo esempio risale al 1970, con Joe  Spence, una famosa fotografa e attivista inglese il cui lavoro è stato considerato il primo esempio di fotografia terapeutica. Ammalatasi di cancro al seno, ha deciso di utilizzare la fotografia per narrare quello che le stava succedendo sia a livello corporeo che a livello emotivo, esplorando quindi il tema della salute e dell’immagine di se’. Ha affrontato ed elaborato la sofferenza attraverso la fotografia. Per approfondire la fotografia terapeutica, potete leggere questo articolo.

L’autoritratto come elaborazione del lutto

Moira Ricci
Moira Ricci, 20.12.53 – 10.08.04, 2004-2014

Le fotografie possono essere utilizzate per iniziare l’elaborazione della perdita di qualcuno o qualcosa. Qui vi porto l’esempio di una fotografa, Moira Ricci, che ha perso la madre in maniera inaspettata. Appena dopo la morte, decise di prendere tutte le fotografie della madre, anche quelle dove lei ancora non fosse nata perchè sentì il desiderio di tornare indietro e di andare in quel tempo della foto per dirle di stare attenta a quello che sarebbe successo quel maledetto giorno. Attraverso questo lavoro Moira psicologicamente incontra le emozioni che le permetteranno di iniziare l’elaborazione del lutto.

Sono moltissimi gli esempi nell’ambito della pittura o della fotografia che testimoniano l’utilizzo dell’autoritratto come mezzo introspettivo capace di raccontare il mondo interno dell’artista.

Studiare l’autoritratto in psicologia ci dà la possibilità di entrare nella mente dell’artista e capire in profondità i suoi aspetti psicologici in relazione alle sue opere. Alla fine credo che la bellezza dell’arte risieda proprio nel cogliere glia spetti psichici e quindi profondamente intimi degli autori delle opere.

A voi piacciono gli autoritratti? In che modo l’arte vi affascina?

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